giovedì 29 dicembre 2016

SUO FINO ALLA FINE

Capitolo 45


Sono solo!
Mi rendo conto solamente oggi che, escludendo il mio signore, non ho nessuno al mondo.
Praticamente un orfanello.
Consapevolmente so che, se dovessi morire da un momento all'altro, nessuno se ne accorgerebbe.
Tranne certo il mio padrone, ma solo perché gli creerei il problema di dover cercare un sostituto.
Ma per tutto il resto, sono solo!
Così, tristemente amareggiato, e con il cuore gonfio di commozione, mi rivolgo al mio re, per trovare una risposta, mentre lui è tutto intento col suo tablet in altre conversazioni.
Oso:”signore, posso disturbarla?”
E lui ruggendo:”schiavo, ora non mi scocciare! Non vedi che sono impegnato?”
Ricaccio indietro le lacrime che si sono affacciate ai miei occhi e chino a terra lo sguardo per non mostrare al mio dio la miseria che mi affligge e che è parte della mia sostanza di schiavo.
Resto però vicino a lui, o meglio mi acciambello ai suoi piedi come potrebbe fare un cane, in segno di umiltà e appartenenza.
Ma nella mia testa di servo, continuo ad arrovellarmi su quei pensieri di morte che non mi lasciano neppure se contemplo la meravigliosa figura estatica del mio padrone.
E giaccio in un mare angoscioso di inquietudine.
Dopo un tempo che non so contare, il mio padrone lancia il suo cellulare sul tavolo e mi chiama:”schiavo, avvicinati e abbassa le mutande!”
So già cosa vuole il mio signore.
Così, allento i pantaloni, gli slip e, avvicinandomi a portata di mano, sollevo il mio pene e adagio i miei piccoli testicoli nella grande mano aperta del mio re, che li pretende nel suo pugno.
Ormai questa è diventata una abitudine serale a cui il mio signore non vuole rinunciare.
Ed io mi consegno volentieri a lui poiché è il mio padrone ed è maschio, mentre io sono solo uno schiavo, il cui sesso non ha senso.
Tra poco il dolore che la sua mano imporrà alle mie palle, si diffonderà come un incendio fin nei recessi più lontani del mio corpo.
Io attendo in silenzio, ma con consapevolezza, sapendo che quel supplizio non si farà certo attendere.
Il suo pugno si chiude lentamente e all'interno i miei testicoli si giocano uno spazio sempre più ridotto fino a risultare inesistente.
Mi divincolo appena, perché è impossibile restare immobili sotto questo tormento.
Ma ciò disturba il mio padrone:”schiavo! Stai fermo e subisci!”Mi grida.
Ma un signore non può certo sapere quanto vorrei gridare il mio dolore.
Ed io mortificato senza fiato:”mi ppppperrrdoni ssssignnnnore.”
Anche le parole escono dalla mia bocca distorte dal male.
Ma non posso altrimenti.
Accetto questo martirio pensando che in fondo è il giusto e legittimo tributo che devo al mio signore per poter stare con lui.
Soprattutto dopo avermi salvato la vita.
Lo amo sopra ogni cosa, pertanto il mio destino è nelle sue mani.
E in questo caso, anche il mio futuro sessuale.
Ma che poi, pensandoci bene, non esisterà mai.
Poi lentamente, come è iniziato, il dolore si attenua e la mano del mio signore allenta la presa e mi libera.
Io, follemente, vorrei riconsegnare ciò che resta dei miei testicoli nella sua mano per una seconda sessione di dolore, per fargli davvero comprendere quanto io gli appartenga.
Quanto io sia davvero pazzo per il mio signore bellissimo.
Ma lui è già distante e quel palmo, che poco prima mi torturava, ora torna a stringere il suo tablet.
Però nel frattempo distrattamente mi parla:”schiavo, prima mi stavi dicendo???”
Io, forse perché stravolto da quel supplizio di castrazione, quasi dimentico anche dove mi trovo.
Ma il mio padrone domanda e attende una risposta.
Così ricordo il mio angoscioso enigma e invoco il mio idolo.
“Signore, ecco, mi domandavo: cosa sarà di me quando morirò?”
“E lei, mio signore, troverà un nuovo schiavo per i suoi piedi?”
Incuriosito dalle mie inquietudini, mi osserva in viso, quasi stupito da queste domande tanto profonde.
“Schiavo!” Mi dice:”hai intenzione di lasciarmi? Stai per schiattare?”
“Ti ho già salvato una volta, guarda che non ho intenzione di fare il bis.”
Ed io:”no signore mio. Non credo, ce ne sia bisogno per ora.”
Lui ribatte:”in fondo non ci sarebbe da stupirsi, con la vita che fai.”
“Ha del miracoloso che tu sia ancora vivo.”
“Tra ciò che ti faccio ingoiare a forza e quello che butti giù da solo quando lecchi le mie scarpe, devi avere un fegato grosso come un pugno.”
“Ma finché dura, non vedo perché preoccuparsi. Non trovi schiavo?”
“Il tuo predecessore, non era durato tanto. Si vede che tu sei nato proprio per essere schiavo!”
“Voi schiavi dovete avere degli anticorpi davvero speciali.”
E ride della sua battuta il mio signore
Proseguo:”ma vede padrone”, oso,”io non sono in pensiero perché dovrò morire.”
“Se poi ciò avverrà per lei, la mia fine sarà bene accetta e avrà un senso.”
“È ciò che verrà dopo che mi lascia questi interrogativi.”
“Schiavo”, quasi pietoso il mio signore,”ma che pensieri tristi ti affliggono.”
“Come sei riflessivo in questo periodo.”
“Dopo ciò che è successo sei diventato ancora più cupo su certi argomenti.”
“Invece di vedere il lato positivo, pensi sempre al peggio.”
“Ma perché?”
Io:”mi perdoni signore, mi dispiace, dimentichi quello che ho detto.”
E faccio per lasciare la stanza ancora più abbattuto.
“Schiavo”, mi richiama il mio padrone,”resta qui ai miei piedi.”
“Ciò che dici ti fa onore e non devi sentirti sbagliato per questo.”
“Oggi mi sento in vena di consolarti, schiavo.”
“Alle volte mi fai davvero pena.”
“Innanzi tutto devi pensare che la tua misera esistenza, fino a quando avrai la fortuna di viverla al mio servizio, sarà stata spesa al meglio.”
“E poi con me non ti manca nulla, vero schiavo!?”
Il suo tono non ammette repliche e ringrazio il mio signore per la generosità che mi dimostra sempre.
Il mio padrone è sicuro di sé anche quando si avventura su argomenti a lui poco congeniali.
“Sul dopo...schiavo, ma che domande ti fai?”
“Già il tuo presente è patetico, cosa te ne frega di cosa ne sarà di te dopo la tua morte?”
“Vede padrone...” oso
“Taci schiavo! E ascolta!”
“Sicuramente tu morirai prima di me, pertanto ti voglio rassicurare.”
“Mi sembri molto turbato da questo argomento.”
“Vedrai che poi sarai più sereno.”
“Ho deciso che dopo la tua morte gli organi ancora sani del tuo corpo li donerò per la ricerca o per operazioni di trapianto.”
“Così almeno faremo del bene a qualcuno, visto che questo tuo corpo già ora è uno spreco.”
“Quindi cerchiamo di farne buon uso almeno a tempo debito.”
“Ma questa volta secondo natura e non come aveva intenzione quel pazzo criminale del tuo addestratore.”
“Ciò che resterà poi lo farò cremare.”
“Ma signore, ecco...io preferirei... oso...”
“Tu non preferisci nulla, schiavo!”
“Tu sei mio e decido io cosa fare di te! Chiaro!?”
Io:”certo signore, mi scusi.”
Dicevo:”ti farò bruciare e ridurre ad una manciata di polvere e cenere.”
“Poi...vediamo...”
“Ecco, ti potrei mettere in quel posacenere sul tavolo e usarti per spegnere le mie "paine".
“Lo sai che ogni tanto mi viene voglia di fumare.”
“Come nelle sere del poker coi ragazzi, quanto farebbe comodo della sabbia lì dentro.”
“Siamo degli animali in quelle occasioni!”
“Ma è bello così, non trovi, schiavo? Ogni tanto lasciarsi andare...”
Ed io:”signore, non sta a me giudicare, io sono solo un servo.”
Il mio padrone continua:”tu poi sai bene quanti mozziconi devi buttare via quando alla fine pulisci tutto.”
“Così, potresti essermi utile anche da morto.”
“Non trovi sia una bella idea?”
“Fare di te della misera sabbia entro cui noi maschi potremo spegnere il piacere del nostro vizio.”
Sono alle lacrime e il mio padrone si accorge della mia condizione.
“Piangi schiavo?”Mi chiede forse impietosito.
“Signore”, singhiozzando,”sono commosso.”

Non pensavo, dice sul serio?”
E lui:”certo che sono serio!”
“Anzi, serissimo!”
Pensando che io sia turbato negativamente da ciò che mi ha appena detto, mi scruta attentamente.
Mentre io col cuore gonfio di riconoscenza rispondo:”grazie padrone!”

Grazie signore!”
“Grazie! Grazie con tutto me stesso!”
“Nessuno si è mai preoccupato tanto per me!”
Il mio padrone mi guarda esterrefatto, poi torna alle sue cose.
Forse ha già dimenticato tutto, ma io voglio sperare di sbagliarmi.




Schiavo Luca

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