Capitolo
30
Il
mio padrone si avvicina mentre a terra sono impegnato nel lucidare i
suoi mocassini Prada nero focato, con la mia morbida lingua.
È un
compito molto delicato perché le scarpe del mio signore sono
preziose e davvero bellissime.
Sono usate, ma ancora splendide, la
pelle morbida e lucida tanto da specchiarsi.
Dei mocassini davvero
meravigliosi e profumati di cuoio grasso e di quel lieve umore che
amo proveniente dai piedi del mio signore.
E poi, ancora più
belle per il fatto che sono le sue e ora le posso toccare con le mie
piccole mani di servo.
Il mio signore bellissimo si ferma
compiaciuto ad osservare la scena e sembra quasi incuriosito dalla
mia tecnica nel cercare di rimuovere del sudiciume rimasto incollato
sotto le suole.
Non dice nulla e continua ad osservarmi con
attenzione.
Chissà, penso io, forse è ammirato dal mio lavoro,
oppure, più realisticamente gli faccio pena.
Propendo per la
seconda ipotesi, è più in linea con il carattere fiero e dominante
del mio signore.
Come può abbassarsi al mio livello di
inferiore!
Si domanderà infatti: ma che razza di essere può
desiderare umiliarsi così, arrivando a leccare le scarpe di un altro
uomo? È pazzesco!
Alzo appena lo sguardo verso di lui e subito un
colpo in testa dato dal suo piede mi riporta con la bocca sulle sue
suole.
Mi dice:”vai avanti con quello che stai facendo,
schiappa!”
“Non ti distrarre!”
“lo sai vero che hai per
le mani delle scarpe di Prada che costano più di 500 euro,valgono
molto più della tua stessa vita?”
“Che
peraltro non vale niente!”
“Le voglio perfette e
lucidissime!”
“E cosa è quella schifezza incollata sotto la
suola?!?”
“Mio signore”, oso con un filo di voce,”sto
tentando di rimuoverla con la mia lingua, ma non riesco!”
Saggiamente
il mio padrone suggerisce:”usa i tuoi incisivi per sollevarla, ma
stai attento a non rigare la suola! Altrimenti poi sarò io a rigare
te!!!”
Seguo il suo consiglio. Il mio padrone è davvero
intelligente.
Avvicino la scarpa alla bocca in corrispondenza del
grumo di sporcizia.
Sento un vago odore di menta, deve essere una
gomma da masticare che il mio padrone ha calpestato, ed a cui poi si
è attaccato di tutto.
Nel grumo, ormai nero di sporco e asfalto,
distinguo peli, un lungo capello, un mozzicone di sigaretta
e...
Meglio non guardare oltre.
Il mio padrone sopra di me
attende, ma la sua pazienza ha un limite:”schiavo, vuoi fare
sparire quella merda da sotto le mie scarpe!”
“Cosa aspetti,
cazzo!”
“Mi perdoni signore, provvedo subito!”
Avvicino
la bocca, che con le labbra lambisce il grumo sudicio, e con i denti
comincio a scalzarlo.
Si solleva per intero, come suggerito dal
mio re, ma con i filamenti tipici di una gomma già masticata da
tempo, anche se è rimasta ben incollata sotto la suola dei mocassini
del mio padrone.
E poi precipita, con tutto il suo corredo di
schifezza sulla mia lingua, che lo attende rassegnata.
Osservo la
suola della scarpa che è tornata perfettamente pulita e anzi, più
limpida delle zone circostanti.
“Ingoia!!!” Ordina il mio
padrone.
Mentre un pugno dolorosissimo si schianta nel mezzo della
mia schiena, lasciandomi senza fiato.
Ho le lacrime agli occhi, ma
nascondo il mio viso per non essere visto.
Cerco in bocca di
produrre saliva sufficiente per ingerire il triste boccone poi, al
momento opportuno, lo lascio cadere verso il fondo della gola e via
dentro di me.
Subito un conato di vomito mi percorre tutto il
corpo, ma per fortuna riesco a ricacciarlo indietro, in
profondità.
Il mio padrone:”hai visto che non era poi così
difficile, merda che non sei altro?!?”
“Sono certo che sia
stato di tuo gusto!”
Ride il mio signore della sua battuta e
ancor più del potere che ha su di me.
Io annuisco e ringrazio del
cibo che mi è stato offerto.
“E adesso vai avanti a leccare le
scarpe, domani ho una riunione e devono essere splendenti.”
“Certo
mio signore, la ringrazio per questo generoso compito”,
oso...
“Schiavo, lo vedo bene che ti sto facendo un grosso
regalo facendoti leccare le mie Prada.”
“Il tuo cazzo parla da
solo.”
E in quel momento un calcio degno di un rigore termina la
sua corsa tra i miei testicoli.
Mi sembra di svenire dal male.
Il
mio padrone si accorge che il mio capo vacilla e mi prende la testa
con la mano spingendola contro lo stipite della porta e
schiacciandola contro la sua gamba per tenermi in piedi.
Resto
interdetto alcuni istanti, poi mi riprendo.
Il mio corpo è
percorso da brividi e ho un profondo senso di nausea, ma per il mio
signore bellissimo fingo che sia tutto sotto controllo.
E dico
sottovoce:”va tutto bene signore. Mi perdoni.”
“Lavora
schiavo!” Mi sento apostrofare.
“Tira fuori quella tua lingua
cenciosa e vedi di far risplendere le mie scarpe a dovere.”
“Sei
fortunato che stasera hanno sospeso l'allenamento di calcetto,
altrimenti più tardi avresti avuto da pulire anche le mie scarpette
infangate.”
“E con il tempo piovoso di questi giorni...”
“Ti
avrei portato a casa un bel dessert a base di fango.”
“Povero
schiavo, che vita infame, non è vero, piccolino?”
Il mio
signore è canzonatorio e si prende gioco del suo suddito.
E così
continua a schernirmi.
“Ma in fondo te la sei scelta tu questa
vita, nessuno ti ha obbligato o sbaglio?”
“È anche vero però
che se uno nasce schiavo, non può certo pensare di poter vivere
diversamente.”
Abbasso a terra lo sguardo pietosamente , mi
vergogno di me stesso davanti a lui.
Sono davvero un
miserabile.
Il mio padrone se ne accorge e infierisce ancora sulla
mia debolezza.
“Schiavo, hai forse sete?”
“Con tutta la
sporcizia che stai ingoiando, avrai sete di sicuro?”
Ed io
ingenuamente:”signore, grazie, un bicchiere di acqua sarebbe la mia
salvezza.”
“Schiavo...schiavo...mi risponde, farò di meglio
per te!”
E severamente mi comanda:”apri la bocca che devo
pisciare!”
Resto deluso, credevo in un gesto umano del mio
signore.
Ma sono anche ammirato nel vedere il membro possente del
mio re, che si appoggia sulle mie labbra e presto viene premuto nella
mia bocca.
Pochi secondi e un fiotto di urine calde mi invade e
inizio a ingollare il prezioso liquido.
Ormai sto diventando
esperto e quasi trovo piacevole quel getto che stuzzica la mia gola
facendola bruciare ad ogni sorso.
Il mio signore ha quasi
terminato.
Finito, fa uscire il suo pene appoggiandolo sulle mie
labbra ove cadono ancora alcune gocce di urina.
Le lecco via con
la lingua.
Le assaporo fino all'ultimo.
Poi il mio padrone
asciuga il suo membro umido sulla pelle della mia faccia per poi
rimetterlo nei suoi slip.
Io avvicino il viso a quella forma che
emerge dal suo intimo e simula il suo cazzo eccitato e vigoroso.
Lo
sfioro, lo bacio, annuso il suo aroma di maschio.
Poi, più triste
che mai, abbasso a terra lo sguardo e col viso fisso il pavimento.
E
sento le lacrime salirmi agli occhi perché penso:”ma perché non
posso essere un semplice amico per il mio padrone, piuttosto che
subire tutta questa umiliazione, solo per potergli stare
accanto?”
“Perché vivo in questo modo?”
“Perché sono
uno schiavo?”
Il mio signore bellissimo si accorge che qualcosa
non va, forse le mie lacrime hanno bagnato i suoi nobili piedi
impunemente.
Il suo palmo solleva il mio viso, ma i miei occhi non
hanno il coraggio di guardarlo e restano verso il basso, a terra.
Lui
mi ordina di guardarlo negli occhi subito.
Io ubbidisco,
riluttante a farmi vedere in lacrime.
E il mio padrone:”schiavo,
stai piangendo?”
Io:”no signore, è solo stanchezza.”
“Non
dire cazzate servo! Tu non puoi essere stanco! Cosa sono quelle
lacrime? Cosa c'è che non va?”
“Non è tutto perfetto?”
“Io
ti comando e tu mi servi devotamente.”
“Io ordino e tu
esegui.”
“Io ti punisco e tu subisci.”
“Cosa puoi
desiderare di più?”
“Sei una merda e comunque io ho dato un
senso alla tua esistenza.”
Vorrei scomparire sotto terra davanti
al mio re, poiché so che il mio padrone ha ragione.
Ma non è
possibile e il mio signore attende una risposta.
Come spiegargli
le mie lacrime.
Come fargli capire che il mio dolore non ha un
inizio e una fine.
Come sperare in un gesto che mi possa
consolare.
Provo a improvvisare una risposta, ma le mie parole non
hanno voce.
Il mio padrone alto e gagliardo sopra di me, ora mi
scruta con aria compassionevole.
La sua mano si posa sul mio capo
come se fossi un bambino ferito.
Anche lui non parla, ma il nostro
silenzio è molto eloquente.
Il tempo sembra essersi fermato fino
a quando il mio signore bellissimo sospira pesantemente e si lascia
sfuggire queste parole:”lo sapevo che prima o poi saresti
scoppiato.”
“Non vali davvero nulla. Cazzo! Con tutto quello
che ho fatto per te!”
“Schiavo, raccogli le tue cose che ti
riporto da chi ti ha venduto.”
Ed io singhiozzante:”signore
no!”
“La prego, mi perdoni! Non accadrà mai più.”
“La
prego, mi perdoni!”
“Mi uccideranno se sapranno che ho
fallito.”
“Nessuno vorrà più un servo come me.”
“E se
non mi uccideranno loro, sarò io a togliermi la vita.”
“Che
senso avrei?”
Il mio signore è scuro in volto:”così dovrei
tenerti io, schiavo incapace.”
“Signore”, invoco,”mi tenga
con se, farò tutto ciò che vorrà.”
“Ubbidirò a qualsiasi
comando.”
“Io non ho più senso se lei mi getta via.”
“La
prego.”
Il mio padrone si divincola dalla mia presa disperata e
si allontana.
Ma
prima di lasciarmi solo, la sua voce mi rianima:”schiavo, continua
il lavoro che stavi facendo...”
E la mia lingua ricomincia a
leccare i mocassini Prada del mio signore.
Schiavo
Luca
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