sabato 10 dicembre 2016

LA DEA

Capitolo 35


Suonano alla porta.
Il mio padrone dalla sua stanza, alzando la voce, mi ordina:”schiavo, apri la porta! È Giada!”
Mi interrogo: chi è questa Giada?
Ma la risposta alla mia domanda è presto data.
Una ragazza alta, coi capelli mori, uno sguardo fascinoso ed un abito attillato che ne disegna un fisico perfetto, si affaccia alla porta.
Davanti a questa dea, mi sento un poppante e non so bene come comportarmi.
Ma ci pensa lei a mettere le cose in chiaro.
Mi dice:”immagino tu sia lo zerbino di questa casa, o mi sbaglio?”
“Come mai non sei sdraiato a terra fuori dalla porta?”
“Immaginavo di poter pulire le mie preziose scarpe su di te prima di entrare, invece vedo che il tuo signore ti tratta molto bene.”
Resto senza parole, allibito.
Invoco l'aiuto del mio padrone, ma ancora non lo vedo arrivare in mio soccorso.
Mi lancio in una sorta di dialogo, ma il mio sforzo viene ripagato con uno schiaffo potente che mi infuoca il viso e volta la faccia.
“Taci schiavo! Nessuno ti ha interpellato!”
“In ginocchio, svelto!”
Non capisco nulla, ma ubbidisco.
Questa ragazza conosce il mio padrone, pertanto meglio essere rispettosi e umili.
Mi inginocchio davanti a lei e attendo in silenzio.
Chino il capo a terra e resto immobile.
Poco dopo sento dei passi virili alle mie spalle, sono quelli del mio padrone, li conosco molto bene.
E poi la sua voce:”ciao cara, vedo che hai già fatto la conoscenza del mio schiavo.”
La dea seccamente:”ma gli zerbini di solito non si tengono a terra fuori dalla porta?”
E il mio signore:”Giada, non cambierai mai!”
Un calcio nel culo da parte del mio re, mi spalma a terra davanti a lei, come fossi una pelle d'orso.
“Eccoti accontentata!”
“Il tuo zerbino è servito!”
E lei:”finalmente, era ora!”
Così senza pensarci un secondo di più, la sento salire sulla mia schiena e premere col suo peso su di me.
Fortunatamente è una ragazza sottile, anche se le sue décolleté tacco 12 si sentono distintamente, conficcarsi nella mia carne dolorosamente.
Lei si diverte a camminare sulla mia schiena, ogni tanto saltellando e aprendo qua e là dei tagli sotto il suo tacco che ferisce come una lama affilata.
Io muoio dal dolore che è terribile e netto.
Come delle punture di calabrone si abbattono sulla mia pelle, così sento la mia schiena aprirsi sotto il tacco in tanti piccoli fori sanguinanti.
Vorrei gridare dal male, ma mi lamento silenziosamente, perché so che potrei peggiorare la situazione.
La dea conosce bene questa disciplina e la materia di cui è fatto uno schiavo, pertanto non accenna ad un minimo di pietà nei miei confronti.
Solo il mio padrone riesce a convincerla a desistere dal torturarmi ulteriormente dicendole:”guarda che vorrei poter usare ancora il mio schiavo, quando te ne sarai andata.”
“Gli hai già riempito di buchi la schiena, ma spero tu abbia in mente altro per il nostro pomeriggio insieme.”
“Non vorrai ridurlo ad un colabrodo?”
La dea:”hai ragione, aiutami a scendere.”
Il mio padrone le tende la mano che lei sfiora come se scendesse da un altare.
Poi si accomodano sul divano insieme, come se io non esistessi.
Io, loro novello suddito, li osservo e penso: che bella coppia, uno degno dell'altra.
Il mio padrone e la sua amica si conoscono da tempo, si capisce dalla loro intimità e dalla comunione di interessi: il dominio e il potere.
Ed io, in questo caso, sono il giocattolo che li terra' impegnati nel pomeriggio.
Immagino il mio padrone chiamarla al telefono e dirle:”Giada, vuoi venire a vedere la mia collezione di farfalle?”
Questo si diceva in passato.
Oggi le avrebbe detto:”Giada, vieni, ho un nuovo schiavo da torturare insieme a te.”
Non è romantico tutto ciò?
Ed io sono lì per accontentare il loro sadico disegno di oscuro piacere.
Eccoli:belli, vigorosi, snelli, pieni di passione baciarsi sulla bocca, come a mangiarsi reciprocamente.
Ed io che faccio ora?
Quale è il mio ruolo in questo strano ménages à trois?
È facile scoprirlo in verità e ci metto davvero poco a vedere i miei padroni già nudi avviluppati in un abbraccio ove le mani del mio padrone già ricercano il sesso carminio della giovane dea e la sua voce potente e ferma che mi ordina:”schiavo, togli le scarpe alla padrona e leccaci i piedi!”
Non merito altre indicazioni, è tutto estremamente chiaro.
E mentre loro godono l'uno dell'altra, la mia lingua compie il lavoro per cui è nata.
Sfilo delicatamente le décolleté che fino a poco prima hanno trafitto la mia schiena e alternativamente ho in bocca i piedi di Giada e quelli del mio padrone.
Come sono differenti, ma allo stesso tempo deliziosi entrambi.
Pensavo di provare ribrezzo a leccare dei piedi femminili, ma forse, essendo un ordine del mio signore, ciò ha un non so che di morbosamente piacevole.
Lecco e ingoio sudore, polvere, sporcizia, insomma il cibo di uno schiavo.
Loro non fanno quasi caso alla mia presenza, salvo tra un gemito e l'altro della dea, ove percepisco un vago lamento di piacere e un:”la lingua del tuo schiavo mi sta facendo venire.”
E in effetti la sua vagina è umida, lucida e leggermente gonfia di un vago turgore.
Il mio signore bellissimo, che fino a prima la stava penetrando con due delle sue lunghe dita, lentamente le sfila dalla fica e me le mette davanti alla faccia grondanti di piacere.
Mi rimprovera:”schiavo, guarda che cosa hai fatto a Giada!”
E ride, sapendo che invece sono state le sue mani a farla godere così tanto e non certo la mia lingua.
Ma capisco che è un loro giochetto.
Li vedo sorridere complici tra loro.
Così mi presto volentieri al loro divertimento, d'altronde io servo a questo.
Il mio signore avvicina le sue dita ricoperte del muco gelatinoso di Giada alle mie labbra, sfiorandole, spalmando leggermente quel piacere gelatinoso sulla mia bocca.
L'odore che si sprigiona da quel liquido vitale, mi prende lo stomaco come un pugno.
Il mio padrone ne è ben consapevole e proprio per questo perpetua la sua nauseabonda tortura.
Ordina: “pulisci le mie dita, schiavo!”
E senza ulteriori indugi le infila nella mia bocca con forza, fino in fondo, fino a sfondare la mia gola, che risponde con un sussulto.
Cerco di non respirare per evitare di sentire l'odore del sesso della dea.
Ma non è facile e presto mi ritrovo la bocca piena di quell'umore a me estraneo.
Le dita meravigliose del mio padrone sono già uscite da me: pulite e asciutte.
Io ho ancora nella bocca quel grumo di piacere, che altro non può che essere inghiottito.
I miei padroni si sorridono con gli occhi e godono della mia sudditanza.
Il desiderio del mio signore è al massimo e, non riuscendo a resistere al fascino della dea, la prende con forza e inizia il suo lavoro di maschio.
Una penetrazione delicata, ma decisa che presto accoglie il membro turgido del mio re, che scompare nelle carni voluttuose di lei.
Godono!
Questo lo capirebbe anche un bambino.
Godono e si piacciono al punto da abbandonarsi ad un piacere non solo fisico, ma mentale, che li accomuna, che li rende un corpo solo.
Giada grida sommessamente, mentre il mio signore bellissimo continua a perpetrare la ricerca di quel piacere che io conosco solo per mezzo di ciò che produce.
Giada si lamenta perché fatica a sostenere la foga animalesca del mio padrone.
Lui, in un momento di lucidità mi comanda:”schiavo, non vedi che la tua padrona ha bisogno di essere aiutata!!!”
“Leccale la fica mentre la sto scopando e vediamo se si lamenta ancora dopo!!!”
Mi intrufolo con la testa tra il bacino del mio signore e le gambe della dea.
I colpi che il mio padrone infierisce nella poveretta si ripercuotono anche nella mia testa.
Ma poco importa.
Per il loro piacere, questo ed altro.
Ubbidisco e con delle generose lappate di saliva, irroro le labbra straziate del sesso della dea, che pare così rilassarsi.
Ciò probabilmente lubrifica l'atto e rende la penetrazione un piacere per entrambi.
Un po' meno per me, ma cosa importa, io sono solo uno schiavo.
Pochi colpi e il mio padrone esclama:”prepara la bocca schiavo, che tra poco ti riempio!”
E nel dirlo il pene possente e divino del mio signore esce rapidamente dalla fica di Giada per entrare subito nella mia bocca con tutto il suo corredo di liquidi vaginali.
La mia bocca ora è una piccola ostrica vischiosa e umida, molliccia e pronta ad accogliere il seme del mio signore.
Colpi impietosi mi devastano la gola per poi passare oltre ove in un batter d'occhio il mio padrone riversa il suo piacere convulso in generosi fiotti di sperma.
Non ha senso che spieghi il mio stato d'animo, poiché le parole a volte non possono esprimere certe emozioni.
Esce dalla mia bocca ancora ben duro, il cazzo del mio signore, mentre mi dice:”schiavo, oggi è il tuo giorno fortunato.”
Ed io:”è vero padrone, grazie!”
Prosegue:”direi che potresti ringraziare anche Giada, non trovi?”
“È tutto merito suo, il seme che tu ora hai nello stomaco.”
Ha ragione il mio padrone, mentre mi indica la vagina della dea che lascia fuoriuscire il suo piacere tra i peli neri del pube.
“Lecca!!!”
Vorrei vomitare, ma ubbidisco.
La mia lingua si immerge in quel marasma gelatinoso e affonda dentro di lei.
Come se baciassi il suo sesso, bevo e aspiro nella bocca le sue secrezioni.
Lei gode al mio contatto leggero e mugola di piacere.
Il mio padrone:”ehi, ehi, ehi!!!”
“Voi due, cosa combinate???”
Io non posso parlare perché la mia bocca è piena del piacere che Giada mi ha generosamente omaggiato.
Lei, scaltramente al mio re:”penso che il tuo schiavetto abbia delle doti nascoste.”
“Ci sa fare con le donne!”
E il mio signore:”vorrà dire che metteremo a frutto anche questa sua nuova tendenza!”
“Schiavo!” A voce alta:“vuoi diventare un lecca fiche?”
Io, ancora con la bocca impastata:”mio signore, io non posso nulla, ma vorrei servire solo lei, se posso.”
“Lei è il mio padrone.”
E il mio signore:”come immaginavo!”
Rivolto a Giada:”mi dispiace cara, ma vedi bene che il mio schiavo non vuole lasciarmi.”
Lei:”vorrà dire che mi vedrete spesso qui da voi.”
“E tu, schiavo, abbi cura della tua preziosa lingua.”

Da oggi è un poco anche mia.”



Schiavo Luca

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