giovedì 1 dicembre 2016

COSÌ TUTTO EBBE INIZIO

Capitolo 28



Eccomi al mio padrone, al mio signore che amo e a cui voto la mia esistenza.
Il mio signore veglia sul suo piccolo schiavo, ne sono consapevole e sento la sua mano grande che mi difende e vigila sui miei passi.
Oggi non potrei più vivere senza questa concreta certezza che mi rassicura.
E le sue parole, i suoi gesti, anche solo gli sguardi, mi guidano e correggono laddove il mio errore mi porterebbe a fallire.
Ma sono solo un piccolo schiavetto mio re, cosa pretendere da un così minuto essere, che ha avuto la sua più grande fortuna nel trovare in lei il suo padrone e a lei rassegnarsi completamente?
È vero, una fortuna immensa e di cui ancora non mi capacito.
Tuttavia mi rendo davvero conto di quanto sono sciocco.
Come ho potuto essere tanto stupido da non riconoscere subito in lei i segni della sua grandezza e potenza.
Oggi è tutto ovvio certo, non potrebbe essere altrimenti, ma lei, mio re, mio bellissimo e splendido signore, sa bene che il suo schiavo ha commesso un grande errore, che ancora non è stato completamente pagato.
E immagino ciò che potrebbe essere una giusta punizione per questa mia colpa infame.
Un contrappasso equo al mio sbaglio.
Una condanna adatta, tale da lasciare un segno indelebile sul mio corpo e nel mio cervello.
Un marchio stampato a fuoco nella mia anima.
Lei, mio signore, ricorderà certo quando le sue mani mi hanno strappato con forza dalla colpa che stavo perpetrando alle sue spalle.

E in quel momento, le assicuro che ho temuto di morire.
Una morte inutile e vile, che non aveva senso.

Una morte che mi avrebbe salvato dalla vergogna di aver tradito la sua fiducia.
Ma il mio padrone ha reputato opportuno darmi una seconda possibilità.
Una sorta di resurrezione dalla polvere nella quale ero sprofondato.
Fortunatamente il mio signore sa bene che sono solo uno schiavo e pertanto dalla polvere da cui mi ha raccolto, mi ha gettato nel fango.
Il fango del disprezzo e della rassegnazione, da cui non otterrò mai il suo perdono.
Ciò è giusto data la mia colpa e grande è la mia fortuna, nel poter ora essere almeno il suo servo.
Quello è il mio destino!
Ero uno schiavo e ciò resto.
Il mio corpo passa come un oggetto di mano in mano.
Prego solo la sorte di poter restare per sempre al servizio del mio padrone, poiché non solo mi possiede, ma mi permette di amarlo.
Anche se all'inizio tutto è stato differente.
Io, schiavo ribelle e stolto, ho creduto in un falso ideale.
Mi sono illuso di poter fare della mia vita quello che volevo.
Ho scelto di servire il mio egoismo.
Ma il mio padrone ha compreso la mia arroganza e con un colpo di mano fulmineo l'ha repressa e schiacciata.
Mi ha strappato come una bambola di pezza dalle mani di chi aveva osato usurpare il suo possesso.
E dopo avermi gettato lontano dal mio errore, ed aver minacciato chi aveva osato sottrarmi a lui, ora la sua ira si sarebbe abbattuta sul vero colpevole.
Io, servo maledetto e disobbediente avrei pagato ben caro il mio fallace tentativo di evasione.
Piccolo, infermo e perduto in un labirinto mentale senza uscita, giacevo a terra davanti al mio padrone, rassegnato, pronto a pagare con la mia stessa vita quell'affronto.
Ma il mio signore sapeva bene che la sua vendetta si sarebbe consumata lentamente e con sofferenza da parte del suo servo ribelle.
Una vendetta che il suo schiavo avrebbe portato impressa nelle sue carni per lungo tempo.
Il mio padrone, alto, forte e potente torreggiava su di me che in quel momento, giacendo per terra ai suoi piedi, ero poco più grande del suo palmo.
La sua mano forte e vigorosa stringeva in pugno una pietra raccolta dal suolo e dai contorni taglienti e acuminati.
Quando l'ho venduta, subito ho pensato alla mia fine, immaginando la vendetta più atroce e la mia morte ormai vicina.
Quella roccia si sarebbe abbattuta sulla mia testa sfracellandola con una forza immane, data dalla rabbia che il mio padrone aveva nel cuore.
Io avrei atteso immobile quel momento, consapevole che quella condanna sarebbe stata la giusta pena scelta dal mio signore per ripagarlo della mia offesa.
Un solo istante di dolore orribile e poi sarei piombato nella notte senza fine per mano sua.
Col mio capo sotto quella scheggia di pietra a versare fino all'ultima goccia del mio sangue colpevole.
Ma non fu così!
E se allora pensai ad un gesto di carità e perdono, oggi mi rendo conto che la sua punizione ancora brucia la mia carne e consuma la mia anima.
Così la sua mano, stringendo quella pietra, invece di maciullare il mio cervello, si conficco' con una rabbia ed una violenza inaudita nel mio petto, andando a squarciare il mio torace fino ad un soffio dal cuore.
Il mio respiro sembrava doversi interrompere in quanto la pietra e la mano del mio signore erano penetrate nel mezzo dei miei polmoni.
Ma il colpo era stato studiato scientemente dal mio padrone, in modo tale da provocare in me un dolore terribile, ma lasciandomi in vita.
Respiravo appena, con un fiato invisibile che mi teneva appeso ad un filo inesistente alle mani del mio signore.
I miei occhi pieni di panico cercavano aiuto in quelli del mio signore, che invece in quel momento stavano gustandosi compiaciuti il mio tributo di sangue.
E quando il dolore sembrava essere divenuto tollerabile, perché ormai facente parte delle mie carni, ecco il mio re, premere il suo pugno di pietra ancor più dentro me, ruotandolo crudelmente per ritagliare nella mia pena un varco ancora più doloroso.
La mano del mio signore scomparve nel mio petto tanto in esso era sprofondata e la pietra ormai era diventata un nuovo organo che avrebbe pesato per sempre sul mio cuore.
Una sorta di tumore a comprimere tutto il mio organismo ed a ricordarmi per sempre la gravità del mio errore.
Nonostante il fiume di sangue in cui mi trovavo, il mio signore ha fatto in modo che non perdessi mai coscienza di ciò che mi stava accadendo.
Lentamente la sua mano, ormai soddisfatta della mia sofferenza, riemerse dal mio corpo sfigurato.
Il mio petto ora presentava un buco grande come il suo pugno ed in fondo ad esso potevo scorgere la pietra che ormai aveva trovato il suo posto nelle mie carni, proprio sopra il mio cuore.
Anche il battito stesso aveva mutato il suo ritmo, schiacciato sotto quel sasso che lo avrebbe torturato per sempre.
I miei occhi pieni di terrore cercavano un soccorso in quelli del mio padrone.
Lui, ormai pago del suo sadismo, mi guardo' con compassione dicendo:”tra pochi giorni la ferita sarà rimarginata, ma quella pietra resterà per sempre dentro di te.”
“Sarà la pietra della tua vergogna e lentamente e dolorosamente ti porterà alla morte.”
“Io sarò con te fino alla fine.”
“Sono io ora il tuo padrone e tu il mio schiavo finché avrai fiato per servirmi.”
“Non avrai mai il mio perdono per ciò che hai commesso e puoi reputarti fortunato se da oggi ti permetterò di sopravvivere nutrendoti dei miei scarti.”
“Soffri schiavo, soffri!”
“E prova pietà di te stesso, per ciò che sei.”
“Ricordalo bene! Stampalo a fuoco nel tuo cervello!”
“Tu non sei nulla.”
“E se vali qualcosa è perché sono io a dare un senso alla tua squallida esistenza.”




Schiavo Luca

Nessun commento:

Posta un commento