Capitolo
28
Eccomi
al mio padrone, al mio signore che amo e a cui voto la mia
esistenza.
Il mio signore veglia sul suo piccolo schiavo, ne sono
consapevole e sento la sua mano grande che mi difende e vigila sui
miei passi.
Oggi non potrei più vivere senza questa concreta
certezza che mi rassicura.
E le sue parole, i suoi gesti, anche
solo gli sguardi, mi guidano e correggono laddove il mio errore mi
porterebbe a fallire.
Ma sono solo un piccolo schiavetto mio re,
cosa pretendere da un così minuto essere, che ha avuto la sua più
grande fortuna nel trovare in lei il suo padrone e a lei rassegnarsi
completamente?
È vero, una fortuna immensa e di cui ancora non mi
capacito.
Tuttavia mi rendo davvero conto di quanto sono
sciocco.
Come ho potuto essere tanto stupido da non riconoscere
subito in lei i segni della sua grandezza e potenza.
Oggi è tutto
ovvio certo, non potrebbe essere altrimenti, ma lei, mio re, mio
bellissimo e splendido signore, sa bene che il suo schiavo ha
commesso un grande errore, che ancora non è stato completamente
pagato.
E immagino ciò che potrebbe essere una giusta punizione
per questa mia colpa infame.
Un contrappasso equo al mio
sbaglio.
Una condanna adatta, tale da lasciare un segno indelebile
sul mio corpo e nel mio cervello.
Un marchio stampato a fuoco
nella mia anima.
Lei, mio signore, ricorderà certo quando le sue
mani mi hanno strappato con forza dalla colpa che stavo perpetrando
alle sue spalle.
E
in quel momento, le assicuro che ho temuto di morire.
Una morte
inutile e vile, che non aveva senso.
Una
morte che mi avrebbe salvato dalla vergogna di aver tradito la sua
fiducia.
Ma il mio padrone ha reputato opportuno darmi una seconda
possibilità.
Una sorta di resurrezione dalla polvere nella quale
ero sprofondato.
Fortunatamente il mio signore sa bene che sono
solo uno schiavo e pertanto dalla polvere da cui mi ha raccolto, mi
ha gettato nel fango.
Il fango del disprezzo e della
rassegnazione, da cui non otterrò mai il suo perdono.
Ciò è
giusto data la mia colpa e grande è la mia fortuna, nel poter ora
essere almeno il suo servo.
Quello è il mio destino!
Ero uno
schiavo e ciò resto.
Il mio corpo passa come un oggetto di mano
in mano.
Prego solo la sorte di poter restare per sempre al
servizio del mio padrone, poiché non solo mi possiede, ma mi
permette di amarlo.
Anche se all'inizio tutto è stato
differente.
Io, schiavo ribelle e stolto, ho creduto in un falso
ideale.
Mi sono illuso di poter fare della mia vita quello che
volevo.
Ho scelto di servire il mio egoismo.
Ma il mio padrone
ha compreso la mia arroganza e con un colpo di mano fulmineo l'ha
repressa e schiacciata.
Mi ha strappato come una bambola di pezza
dalle mani di chi aveva osato usurpare il suo possesso.
E dopo
avermi gettato lontano dal mio errore, ed aver minacciato chi aveva
osato sottrarmi a lui, ora la sua ira si sarebbe abbattuta sul vero
colpevole.
Io, servo maledetto e disobbediente avrei pagato ben
caro il mio fallace tentativo di evasione.
Piccolo, infermo e
perduto in un labirinto mentale senza uscita, giacevo a terra davanti
al mio padrone, rassegnato, pronto a pagare con la mia stessa vita
quell'affronto.
Ma il mio signore sapeva bene che la sua vendetta
si sarebbe consumata lentamente e con sofferenza da parte del suo
servo ribelle.
Una vendetta che il suo schiavo avrebbe portato
impressa nelle sue carni per lungo tempo.
Il mio padrone, alto,
forte e potente torreggiava su di me che in quel momento, giacendo
per terra ai suoi piedi, ero poco più grande del suo palmo.
La
sua mano forte e vigorosa stringeva in pugno una pietra raccolta dal
suolo e dai contorni taglienti e acuminati.
Quando l'ho venduta,
subito ho pensato alla mia fine, immaginando la vendetta più atroce
e la mia morte ormai vicina.
Quella roccia si sarebbe abbattuta
sulla mia testa sfracellandola con una forza immane, data dalla
rabbia che il mio padrone aveva nel cuore.
Io avrei atteso
immobile quel momento, consapevole che quella condanna sarebbe stata
la giusta pena scelta dal mio signore per ripagarlo della mia
offesa.
Un solo istante di dolore orribile e poi sarei piombato
nella notte senza fine per mano sua.
Col mio capo sotto quella
scheggia di pietra a versare fino all'ultima goccia del mio sangue
colpevole.
Ma non fu così!
E se allora pensai ad un gesto di
carità e perdono, oggi mi rendo conto che la sua punizione ancora
brucia la mia carne e consuma la mia anima.
Così la sua mano,
stringendo quella pietra, invece di maciullare il mio cervello, si
conficco' con una rabbia ed una violenza inaudita nel mio petto,
andando a squarciare il mio torace fino ad un soffio dal cuore.
Il
mio respiro sembrava doversi interrompere in quanto la pietra e la
mano del mio signore erano penetrate nel mezzo dei miei polmoni.
Ma
il colpo era stato studiato scientemente dal mio padrone, in modo
tale da provocare in me un dolore terribile, ma lasciandomi in
vita.
Respiravo appena, con un fiato invisibile che mi teneva
appeso ad un filo inesistente alle mani del mio signore.
I miei
occhi pieni di panico cercavano aiuto in quelli del mio signore, che
invece in quel momento stavano gustandosi compiaciuti il mio tributo
di sangue.
E quando il dolore sembrava essere divenuto
tollerabile, perché ormai facente parte delle mie carni, ecco il mio
re, premere il suo pugno di pietra ancor più dentro me, ruotandolo
crudelmente per ritagliare nella mia pena un varco ancora più
doloroso.
La mano del mio signore scomparve nel mio petto tanto in
esso era sprofondata e la pietra ormai era diventata un nuovo organo
che avrebbe pesato per sempre sul mio cuore.
Una sorta di tumore a
comprimere tutto il mio organismo ed a ricordarmi per sempre la
gravità del mio errore.
Nonostante il fiume di sangue in cui mi
trovavo, il mio signore ha fatto in modo che non perdessi mai
coscienza di ciò che mi stava accadendo.
Lentamente la sua mano,
ormai soddisfatta della mia sofferenza, riemerse dal mio corpo
sfigurato.
Il mio petto ora presentava un buco grande come il suo
pugno ed in fondo ad esso potevo scorgere la pietra che ormai aveva
trovato il suo posto nelle mie carni, proprio sopra il mio
cuore.
Anche il battito stesso aveva mutato il suo ritmo,
schiacciato sotto quel sasso che lo avrebbe torturato per sempre.
I
miei occhi pieni di terrore cercavano un soccorso in quelli del mio
padrone.
Lui, ormai pago del suo sadismo, mi guardo' con
compassione dicendo:”tra pochi giorni la ferita sarà rimarginata,
ma quella pietra resterà per sempre dentro di te.”
“Sarà la
pietra della tua vergogna e lentamente e dolorosamente ti porterà
alla morte.”
“Io sarò con te fino alla fine.”
“Sono io
ora il tuo padrone e tu il mio schiavo finché avrai fiato per
servirmi.”
“Non avrai mai il mio perdono per ciò che hai
commesso e puoi reputarti fortunato se da oggi ti permetterò di
sopravvivere nutrendoti dei miei scarti.”
“Soffri schiavo,
soffri!”
“E prova pietà di te stesso, per ciò che
sei.”
“Ricordalo bene! Stampalo a fuoco nel tuo cervello!”
“Tu
non sei nulla.”
“E se vali qualcosa è perché sono io a dare
un senso alla tua squallida esistenza.”
Schiavo
Luca
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