mercoledì 23 novembre 2016

UNA GIORNATA DIFFICILE

Capitolo 25

Signore bellissimo buona giornata.
Il mio risveglio è al suo fianco, sorridente e felice poiché la mia giornata inizia vedendo il mio bene primario.
E ancora so di essere fortunato poiché molti servi al mio pari dormono per terra, sul freddo e duro pavimento, con la faccia schiacciata sulle ciabatte del padrone ad annusarne gli umori.
Ecco questo è l'unico rincrescimento del non essere a terra, anche se più volte nella giornata ho la possibilità di nutrirmi di questa essenza preziosa.
Ma ora la osservo, mio principe ancora addormentato.
Quanto è bello il mio signore!
Piccoli movimenti del suo corpo e i suoi occhi si aprono debolmente.
Poi si stira la muscolatura e alla fine mi osserva.
“Schiavo”, mi dice, “che cazzo vuoi appena sveglio?”
Abbasso lo sguardo e chiedo scusa.
Ormai le mie richieste di perdono sono un gesto automatico non appena i miei occhi incrociano il suo sguardo.
Rialzo il viso ed in quel momento un pugno in piena faccia mi travolge, come un treno in corsa contro un muro.
E non capisco, resto interdetto e senza parole.
Perché? Cosa ho fatto?
Il volto del mio padrone è nero di rabbia, spesso il suo risveglio non è facile.
Ma questa volta è colpa mia!
Tuona:”cosa cazzo ti sei fatto questa notte che hai tutto il pigiama sporco di sangue!”
E guardo la mia maglia che in corrispondenza dei capezzoli presenta delle grosse macchie ematiche rapprese.
In quel momento capisco il suo rancore e il mio errore.
Con tono perentorio mi sgrida:”lo sai che solo io posso ferire i tuoi capezzoli!”
“Quante volte te lo devo dire!”
“Sono io il padrone! Io ti faccio male! E decido io quando fartelo, come fartelo e quanto fartelo!”
“Tu non sei niente e devi ubbidire! Smettila di fare di testa tua! Smettila, altrimenti mi incazzo sul serio e poi ti faccio male davvero!”
“Mi perdoni signore”, sussurro.
“Mi perdoni, mi perdoni”
“È l'unica cosa che sai dire! Sei patetico!”
“Alzati la maglia e fammi vedere cosa hai combinato!!!”
Ubbidisco e sotto il pigiama i miei capezzoli sono incollati al tessuto che nel sollevarsi strappa la leggera crosticina che li aveva rimarginati, facendoli così sanguinare lentamente.
La punta del capezzolo diventa sempre più rossa fino a creare una piccola goccia di sangue che in un rivolo mi segna, fermandosi tra i peli neri del petto.
Il mio padrone ancora con il capo poggiato sul guanciale mi osserva e tace.
L'atmosfera è pesante tra noi.
Non so bene cosa succederà, perché so bene di aver combinato un casino.
Ma il mio re è un signore e vuole capire il perché di questa mia necessaria ricerca autolesionista.
Ora che il sangue ha smesso di macchiare il mio seno, le sue dita mi sfiorano proprio dove prima le mie unghie si sono accanite fino alla carne viva.
Mi parla con dolcezza:”mi spieghi perché lo fai? Che necessità c'è di farti così male? Non ti bastano le umiliazioni che subisci per me? Ieri sera ti ho pisciato in gola, non ti basta questa punizione?”
Ma io ragiono diversamente e oso:”ma signore, quello è un premio!”
A questo punto uno schiaffo mi ridesta.
La sua mano si è abbattuta per la seconda volta sul mio viso che ora brucia la mia pelle.
“Che bisogno hai di tanto dolore?”
“E arrivare fino al sangue?”
Non so cosa rispondere.
So soltanto che la notte, prima di addormentarmi ho sentito il dovere di soffrire.
Una sofferenza che, crescentemente, da una leggera pressione sui capezzoli, quasi piacevole, è diventata una morsa dolorosa e insanguinata, sotto le mie stesse dita.
E più strizzavo i miei sensi devastandoli, più sentivo di pagare un tributo che è insito nel mio essere.
Dove trovare il coraggio per confessare al mio padrone questa verità sconcertante?
Lui in fondo alle volte sembra volermi proteggere, in primis da me stesso.
Lo guardo e chiedo perdono ancora una volta.
A questo punto le sue dita, che fino ad ora carezzavano i miei capezzoli delicatamente, ora li stringono in una morsa che io non sono riuscito neppure a concepire ieri sera.
I miei capezzoli sembrano esplodere sotto le sue dita.
Il sangue ora scorre veloce anche perché le due ferite sono appena rimarginate e basta poco a riaprirle.
Vorrei gridare per il dolore che mi attanaglia, ma non posso.
Ci mancherebbe pure questo, poi sarei finito!
Il mio padrone, sempre impugnando i miei capezzoli e con le dita macchiate di sangue mi tira a se di peso e penso di svenire per il male che provo.
Mi guarda negli occhi e mi dice:”non provarci mai più!”
Poi mi lascia.
“Lecca via questo sangue schifoso dalle mie dita!” mi ordina.
La mia lingua setosa pulisce il mio stesso sangue ferroso ingoiandolo.
Il mio padrone si alza dal letto e si volta verso di me rabbioso.
”Allora!!!”
“Intendi strisciare ai miei piedi merda? O pensi di stare a letto tutto il giorno?”
Mi tuffo ai suoi piedi e li bacio con amore.
Gli porgo le ciabatte e lo aiuto ad indossarle.
Il mio signore si alza ed è sopra di me grandioso.
La sua mano si avvicina alla mia testa e la accarezza.
Poi inaspettatamente la afferra come se fosse una palla da bowling e la schianta contro il muro a pochi centimetri.
Il botto è furioso e sento tremare la casa.
La testa rimbomba e mi sembra scoppiare dal male.
Il mio signore si interroga ad alta voce:”ma che cazzo hai dentro questa testa di merda?”




Schiavo Luca

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