Capitolo
25
Signore
bellissimo buona giornata.
Il
mio risveglio è al suo fianco, sorridente e felice poiché la mia
giornata inizia vedendo il mio bene primario.
E ancora so di
essere fortunato poiché molti servi al mio pari dormono per terra,
sul freddo e duro pavimento, con la faccia schiacciata sulle ciabatte
del padrone ad annusarne gli umori.
Ecco questo è l'unico
rincrescimento del non essere a terra, anche se più volte nella
giornata ho la possibilità di nutrirmi di questa essenza
preziosa.
Ma ora la osservo, mio principe ancora
addormentato.
Quanto è bello il mio signore!
Piccoli movimenti
del suo corpo e i suoi occhi si aprono debolmente.
Poi si stira la
muscolatura e alla fine mi osserva.
“Schiavo”, mi dice, “che
cazzo vuoi appena sveglio?”
Abbasso lo sguardo e chiedo
scusa.
Ormai le mie richieste di perdono sono un gesto automatico
non appena i miei occhi incrociano il suo sguardo.
Rialzo il viso
ed in quel momento un pugno in piena faccia mi travolge, come un
treno in corsa contro un muro.
E non capisco, resto interdetto e
senza parole.
Perché? Cosa ho fatto?
Il volto del mio padrone
è nero di rabbia, spesso il suo risveglio non è facile.
Ma
questa volta è colpa mia!
Tuona:”cosa cazzo ti sei fatto questa
notte che hai tutto il pigiama sporco di sangue!”
E guardo la
mia maglia che in corrispondenza dei capezzoli presenta delle grosse
macchie ematiche rapprese.
In quel momento capisco il suo rancore
e il mio errore.
Con tono perentorio mi sgrida:”lo sai che solo
io posso ferire i tuoi capezzoli!”
“Quante volte te lo devo
dire!”
“Sono io il padrone! Io ti faccio male! E decido io
quando fartelo, come fartelo e quanto fartelo!”
“Tu non sei
niente e devi ubbidire! Smettila di fare di testa tua! Smettila,
altrimenti mi incazzo sul serio e poi ti faccio male davvero!”
“Mi
perdoni signore”, sussurro.
“Mi perdoni, mi perdoni”
“È
l'unica cosa che sai dire! Sei patetico!”
“Alzati la maglia e
fammi vedere cosa hai combinato!!!”
Ubbidisco e sotto il pigiama
i miei capezzoli sono incollati al tessuto che nel sollevarsi strappa
la leggera crosticina che li aveva rimarginati, facendoli così
sanguinare lentamente.
La punta del capezzolo diventa sempre più
rossa fino a creare una piccola goccia di sangue che in un rivolo mi
segna, fermandosi tra i peli neri del petto.
Il mio padrone ancora
con il capo poggiato sul guanciale mi osserva e tace.
L'atmosfera
è pesante tra noi.
Non so bene cosa succederà, perché so bene
di aver combinato un casino.
Ma il mio re è un signore e vuole
capire il perché di questa mia necessaria ricerca
autolesionista.
Ora che il sangue ha smesso di macchiare il mio
seno, le sue dita mi sfiorano proprio dove prima le mie unghie si
sono accanite fino alla carne viva.
Mi parla con dolcezza:”mi
spieghi perché lo fai? Che necessità c'è di farti così male? Non
ti bastano le umiliazioni che subisci per me? Ieri sera ti ho
pisciato in gola, non ti basta questa punizione?”
Ma io ragiono
diversamente e oso:”ma signore, quello è un premio!”
A questo
punto uno schiaffo mi ridesta.
La sua mano si è abbattuta per la
seconda volta sul mio viso che ora brucia la mia pelle.
“Che
bisogno hai di tanto dolore?”
“E arrivare fino al sangue?”
Non
so cosa rispondere.
So soltanto che la notte, prima di
addormentarmi ho sentito il dovere di soffrire.
Una sofferenza
che, crescentemente, da una leggera pressione sui capezzoli, quasi
piacevole, è diventata una morsa dolorosa e insanguinata, sotto le
mie stesse dita.
E più strizzavo i miei sensi devastandoli, più
sentivo di pagare un tributo che è insito nel mio essere.
Dove
trovare il coraggio per confessare al mio padrone questa verità
sconcertante?
Lui in fondo alle volte sembra volermi proteggere,
in primis da me stesso.
Lo guardo e chiedo perdono ancora una
volta.
A questo punto le sue dita, che fino ad ora carezzavano i
miei capezzoli delicatamente, ora li stringono in una morsa che io
non sono riuscito neppure a concepire ieri sera.
I miei capezzoli
sembrano esplodere sotto le sue dita.
Il sangue ora scorre veloce
anche perché le due ferite sono appena rimarginate e basta poco a
riaprirle.
Vorrei gridare per il dolore che mi attanaglia, ma non
posso.
Ci mancherebbe pure questo, poi sarei finito!
Il mio
padrone, sempre impugnando i miei capezzoli e con le dita macchiate
di sangue mi tira a se di peso e penso di svenire per il male che
provo.
Mi guarda negli occhi e mi dice:”non provarci mai
più!”
Poi mi lascia.
“Lecca via questo sangue schifoso
dalle mie dita!” mi ordina.
La mia lingua setosa pulisce il mio
stesso sangue ferroso ingoiandolo.
Il mio padrone si alza dal
letto e si volta verso di me rabbioso.
”Allora!!!”
“Intendi
strisciare ai miei piedi merda? O pensi di stare a letto tutto il
giorno?”
Mi tuffo ai suoi piedi e li bacio con amore.
Gli
porgo le ciabatte e lo aiuto ad indossarle.
Il mio signore si alza
ed è sopra di me grandioso.
La sua mano si avvicina alla mia
testa e la accarezza.
Poi inaspettatamente la afferra come se
fosse una palla da bowling e la schianta contro il muro a pochi
centimetri.
Il botto è furioso e sento tremare la casa.
La
testa rimbomba e mi sembra scoppiare dal male.
Il mio signore si
interroga ad alta voce:”ma che cazzo hai dentro questa testa di
merda?”
Schiavo
Luca
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