Capitolo
12
Buongiorno
mio signore e padrone.
Oggi
sono a lei come una persona nuova, rinata nel corpo e nello
spirito.
Sempre che uno schiavo possa essere considerato una
persona e non più correttamente assimilabile ad un animale da
soma.
Ieri, lei, mio signore, mio principe bellissimo, mia
speranza e gioia, ha impresso fortemente nelle carni del suo fragile
schiavo, il marchio più indelebile e che mai avrei potuto
desiderare.
E non parlo di un marchio a fuoco, come quello che
viene bruciato nel mantello delle vacche, e che io stesso dovrei
portare impresso nel corpo essendo di sua proprietà, ma di un segno
indelebile che rimarrà per sempre nella mia mente e nel mio piccolo
cervello di schiavo.
Un simbolo, questo, che porto dentro me
stesso, ma che vorrei poter mostrare a tutti ed esserne invidiato.
È
così che ieri il mio signore, il mio padrone potente e forte, mi ha
voluto carnalmente per assecondare le sue voglie, per godere di quel
possesso che in me diventa sua esclusiva proprietà.
E cosa c'è
di più bello se non imporre la propria mano e il proprio piede sul
terreno di cui si è padroni.
Io questa sensazione non la conosco
poiché sono solo un povero servo che nulla possiede se non l'amore
che dona a piene mani al suo signore.
Ma impunemente cerco di
immaginare ciò che per natura mi è precluso.
E ritorno a ieri,
quando lei mi ha preso e mi ha premuto col viso contro il suo sesso
già visibilmente eccitato.
I suoi slip, leggermente umidi del suo
umore di maschio mi inondano di un aroma che sento penetrare in me
non solo dalle narici, ma dai pori stessi della mia pelle, aperti ad
aspirarne il più possibile.
Poi la sua mano destra si abbatte sul
mio capo, per schiacciare il mio viso ancor più in profondità.
E
le sue parole:”annusa, riempiti del tuo padrone, inebriati del suo
odore di maschio!”
Ansimavo senza respiro e senza aria, ma ero
nel paradiso dei sensi.
Non
avrei mai osato spostare il mio naso da quella miniera di effluvi
maschili.
Poi le sue dita spostano gli slip e il suo membro esce
rapido, grande, voglioso contro la mia faccia, proprio sulla mia
bocca.
E il suo scroto, voluminoso, morbido e carnoso riempie le
mie piccole mani di schiavo.
Inginocchiato bacio disperatamente
senza capire, senza sapere, senza comprendere se sono vivo o in un
luogo senza spazio e senza tempo.
Ma poco importa.
È il mio
signore bellissimo a riportarmi alla realtà.
Prende il suo cazzo
già aperto e lo avvicina al mio occhio.
Cosa sta accadendo?
Cosa
ha in mente il mio signore?
Il pollice e l'indice del mio padrone
mi sfiorano l'occhio e poi lo aprono forzando leggermente la palpebra
che cede delicatamente alla pressione delle sue dita meravigliose.
Un
minimo di reazione fa si che le mie palpebre tentino di richiudersi
autonomamente a protezione della pupilla.
Ma
questo movimento viene subito stroncato da un gesto fermo e deciso
delle dita del mio padrone.
Ora il suo pene è a pochi centimetri
dal mio occhio.
Il mio signore non parla ora, prende il suo cazzo
con la mano e lo affonda nella pupilla aperta che lo accoglie quasi
come un dono.
Un dono che dopo poco si trasforma in dolore e
sofferenza atroci.
Il membro del mio signore è duro, forte,
eccitato, crudele, spietato.
Lo sento premere contro la mia
cornea, dovrei temere il peggio, la perdita della vista, ma il mio
pensiero è altrove, è su quel membro possente che mi sta
ferendo.
Il pene eccitato del mio signore lascia fuoriuscire delle
piccole gocce di sperma che allagano il mio occhio e lo fanno
bruciare.
Ma non ho il coraggio di allontanare il mio occhio dal
suo membro, non potrei comunque, sono imprigionato dalla sua mano e
dalla mia volontà di servire.
Il mio compito è dare piacere al
mio signore, qualunque esso sia.
Ed anzi, invece di prendere
distanza, sono io stesso ad avanzare, accrescendo così il dolore nel
mio occhio, o ciò che ne resta.
E il mio padrone sta godendo, lo
sento molto bene, distintamente, quasi non servono le sue parole
mentre mi dice:”si, bravo schiavo, fatti sfondare dal mio
cazzo”.
Ora sono davvero il suo strumento di piacere, null'altro
ha importanza.
Lo stesso servizio avviene poi per l'altro occhio,
mentre sorridente mi dice:”altrimenti poi si nota che solo uno dei
due è rosso di sangue!”
In quel momento e con le sue parole, mi
bagno intimamente. Non posso resistere, credo di essere venuto, per
la prima volta in vita mia senza neppure toccarmi.
Poi il mio
signore, soddisfatto della mia resistenza al dolore, mi accarezza il
capo come fossi un cucciolo di cane e mi dice:”forse non è stato
sciocco prenderti al mio servizio!”
“Anche tu puoi servire a
qualcosa!”
E mentre mi scopa la gola ferocemente, raggiungendo
il pieno godimento in un ultimo grugnito di piacere che si completa
riempiendo il mio stomaco, sento di amarlo.
Sento che non potrei
più vivere senza di lui.
Senza la possibilità di diventare io
stesso lo strumento del suo desiderio.
Il mio padrone ora, pago
del suo piacere, mi lascia e se ne va.
Mi alzo da terra e cerco
tentoni di sedermi al tavolo della cucina.
Non ho il coraggio di
guardarmi allo specchio, devo essere impressionante.
Prego di
recuperare la vista ora annebbiata e cieca.
Non per me, ma per
poter servire ancora il mio signore e poterlo contemplare nella sua
bellezza.
Schiavo
Luca
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