martedì 1 novembre 2016

LE MANI DEL MIO PRINCIPE

Capitolo 6



Sono al mio principe col cuore più lieve, con il mio sorriso, come lei stesso mi ha ordinato.
Il mio compito di schiavo deve tenere conto di questa imposizione e abbandonare la tristezza.
Ora servo il mio padrone e dunque devo essere felice e orgoglioso di questo compito.
Così voglio narrare al mio signore ciò che è più bello e desta sempre la mia più profonda ammirazione: le mani del mio principe.
Ma non mento quando dico che le sue mani sono meravigliose agli occhi ammirati del suo servo.
Le mani più belle che ho visto.
E lo penso fin dalla prima volta che le ho potute ammirare.
Ricordo che ne ero estasiato e non osavo guardare il suo viso.
Ero già consapevole di essere così piccolo e inerme davanti a lei.
Mani potenti e forti, mani grandi e virili.

Mani che afferrano e stringono il suo servo come un oggetto senza spina dorsale e che viene schiacciato dalla sua potenza.
Le sue mani mio re. Come non amarle?
Come non desiderarle farsi largo dentro il mio piccolo corpo?
E come fare a resistere senza inginocchiarmi davanti a lei e prenderle tra le mie e baciarle con un amore che trasuda dalle mie labbra.
E leccarle vorrei con tutta la mia saliva, ma so bene che non posso perché ciò la disgusta.
Sono uno schiavo, perdoni se a volte lo dimentico nella passione del mio trasporto.
Essere io stesso il suo lavamani esclusivo e nutrirmi del suo sudore e di ciò che ha toccato.
Così il suo palmo sarebbe limpido e pulito, mentre dentro il corpo del suo schiavo scivolerebbe ogni sporcizia.
E mi eccito mio signore a parlarle così, mi bagno e sento un tramestio interiore che mi turba e mi fa suo.
Le sue dita e le sue unghie perfette.
E mi domando impunemente: perché il mio signore è così uomo e così maschio, mentre io sono solo un piccolo servo, un giocattolo rotto nelle sue mani?
Mi perdoni signore questo ardire.
La risposta è semplice: io sono solo uno strumento per il suo piacere.

E' inutile che cerchi altre spiegazioni.
Sono già fortunato ad aver trovato un padrone come lei che mi ha accolto, se pur nella colpa e nella mia miseria.
Abbia cura del suo servo, la prego.
Io le sarò fedele e innamorato.
E se in questi giorni mi vede triste o imbronciato, non è per lei, ma perché mi rendo conto che sono davvero un nulla davanti al mio principe.
Sono ai suoi piedi, ove il mio pensiero è fisso e trova vita.



Schiavo Luca

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