Capitolo
14
Buongiorno
mio padrone.
Oggi
è un nuovo interrogativo che richiama la mia attenzione.
Ed
è lei stesso a sottopormi questo quesito come oggetto del mio devoto
saluto.
Perché il suo servo sente la necessità di bere le urine
del suo principe?
È vero, non posso negarlo, ne sono schiavo, le
amo, le desidero come il nettare più prezioso che io possa
succhiare.
Mi perdoni padrone, so che non ne sono degno, ma è una
forza più grande di me ad indurmi a supplicare la sua generosità
nel concedermi questo sostegno.
Ma non è soltanto l'atto
specifico di ingoiare il suo piscio, mio re, a rendermi dipendente da
lei.
In verità ciò che bramo è tutto il rituale che ad esso si
accompagna.
Inginocchiarmi ai suoi piedi, prendere il bicchiere e
sfiorare il suo membro per raccogliere il nettare dorato che
amo.
Avvicinare le mie labbra e il mio naso per ricevere gli
schizzi che piovono sul mio viso.
E bere man mano che il livello
sale per non mandarne perduta neppure una goccia.
Poi il bicchiere
è pieno e tiepido tra le mie mani.
Il liquido ambrato e profumato
mi inebria, mi illumina di un piacere che non so spiegare.
Lei è
seduto mentre mi guarda e si interroga.
Mi osserva e forse prova
pietà di me, compassione per la mia nullità.
Anche questo mi da
piacere: essere schiavo davanti al mio padrone.
Rendere grande il
mio signore facendomi piccolo piccolo per lui.
Nutrirmi di ciò
che lei getta via!
Poi lei mi comanda:”bevi!”
Così io bevo
le sue urine.
Ingoiare ciò che fino a poco prima era nella sua
vescica.
Il mio padrone ne è schifato, è comprensibile, lei è
un principe, ma allo stesso tempo anche piacevolmente incuriosito.
E
io bevo il nettare del mio signore.
Lo bevo piano, sostando più
volte, gustandolo. Fino in fondo.
Fino all'ultimo sorso.
Io
adoro le sue urine mio principe.
Vorrei averne sempre una
bottiglia a disposizione e idratare il mio piccolo corpo di servo
solo con esse.
Alle volte lei mi onora anche permettendomi di
annusare le macchie giallastre sui suoi slip usati tutto il giorno.
E
li preme contro il mio viso con un piacere sadico, tanto che sono
convinto che ne sia eccitato lei stesso.
Io ovviamente impazzisco
dentro di me di un godimento improvviso.
Ma perché? Perché
questa mia dipendenza?
Il perché forse non è poi difficile da
comprendere.
Io l'amo e desiderio dentro di me il mio padrone.
La
desidero fisicamente nel mio corpo.
E il significato a questo
punto diventa evidente.
Quasi
come se questo gesto simulasse un atto d'amore.
È lei, mio re ad
entrare nelle mie carni.
Il suo nettare inonda il mio stomaco e
pian piano viene assorbito dai tessuti e portato in giro per tutto il
mio corpo, in ogni mia molecola.
Come potrei non esserne più
felice?
Come non desiderare tutto questo sempre, ogni volta che
fosse possibile?
In questo gesto non sento umiliazione, ma il dono
pieno di me stesso che accetta di accogliere persino le urine del mio
signore nel mio corpo.
Forse non riesco a spiegare compiutamente
questo concetto al mio signore.
Non è facile trovarsi, se si
parte dalla parte opposta del mondo.
Lei
è il re, io il più umile dei servi.
Ciò
che per lei è solamente piscio, per me è un'essenza vitale.
Io,
dopo aver bevuto il suo nettare dorato, mi sento pieno del mio
padrone, come se lei fosse realmente e concretamente in me.
Non
importa cosa ho dentro di me, ma è parte di lei, e ciò mi basta.
Io
sono suo, mio re, le appartengo pienamente.
Ma
anche io ho bisogno di essere parte dal mio signore e ciò si
concretizza quando generosamente mi concede di bere ciò che per lei
è uno scarto.
Le sue urine sostituiscono a volte quel seme, che
altrettanto trova casa e protezione nel mio essere.
Il mio corpo è
la casa del mio signore e io sono fiero di poterla accogliere in me
sempre.
Schiavo
Luca
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